Quando incominciai il tirocinio inizialmente osservai i comportamenti dei vari piccoli pazienti e dei relativi genitori.Man mano che passavano i giorni s'instaurava un rapporto empatico e collaborativo sia con i bimbi che con i famigliari.Mi adattavo alle varie esigenze del momento che si presentavano talvolta le richieste erano solo di gioco in cui i bimbi sfogavano le loro paure e le tensioni provocate dalle cure. Altre volte invece i piccoli pazienti desideravano solamente avere momenti in cui il gioco fosse inteso solo come puro momento di svago, normalmente comune a tutti i bimbi, ma che purtroppo in questo ambiente per vari motivi viene spesso messo da parte data l'esigenza di sottoporli continuamente alle varie terapie.I bambini ospedalizzati in genere cercano con il gioco di ricostruire la loro realtà prima quella che avevano prima arrivasse la malattia, cercano nuovi amici in quello strano e triste luogo , delle regole per diventare grandi e nuove cose da imparare come facevano prima. Anche se piccoli, essi a modo loro capiscono che c'è qualcosa di diverso, qualcosa che li differenzia dagli altri bambini che li impedisce di tornare a casa alla loro vita normale.
IO E I BAMBINI IL RIVIVERE IN LORO LA MIA ESPERIENZA DI MALATTIA.
Durante il mio tirocinio in reparto, nelle domande di quei bimbi ospedalizzati, mi trovavo spesso a rivivere la mia malattia .Mi veniva spesso chiesto ciò che anche io da piccola malata nel lontano 1976 mi chiedevo..Fra i vari perché sicuramente trovava posto " il perché dovessi subire determinate cure così dolorose che invece i miei amichetti di casa non subivano.. avevo fatto qualcosa di male!?", oppure" perché non avessi avuto più i capelli, perché avessi sempre mal di pancia e vomitassi sempre".Tra i bambini ricoverati c'è molto affiatamento poiché percepiscono che quei bambini che sono li con loro, hanno gli stessi problemi. Mentre i bambini risentono della loro malattia più che altro a livello fisico (causa dolore), i genitori ne risentono a livello psicologico.I genitori si rivolgevano a me perché li spiegassi come avevo vissuto quei momenti da piccola malata, quali fossero stati i miei pensieri e le mie reazioni e tutto ciò per poter in qualche modo capire ed aiutare a loro volta i propri figli.Attraverso il gioco si allevia il momento di degenza è dimostrato e ci tengo a sottolineare (avendolo vissuto sulla mia pelle) che è anche fondamentale per lo sviluppo psicologico del bimbo, la sdrammatizzazione di alcuni elementi presenti nella corsia ospedaliera. Io ad esempio ho cercato di sdrammatizzare agli occhi di quei bimbi determinati strumenti curativi. Ad esempio dimostravo come la siringa senza ago, potesse diventare un pupazzo o addirittura un irrigatore per piccole piantine di fiori, cercavo di trasformare quello strumento tanto doloroso, causa di sofferenza e paure in un elemento innocuo e divertente.
CIT: DALLA MIA TESI
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