mercoledì 6 marzo 2013

LEUCEMIA!!! SUA FIGLIA FEDERICA NON ARRIVERÀ' MAI A FREQUENTARE LA SCUOLA! UNA TESTIMONIANZA AUTOBIOGRAFICA.





Le motivazioni che mi hanno spinto  a trattare questo argomento  ad aprire  questo blog sono varie: ma quella principale è sicuramente legata all'esperienza che ho vissuto da bambina. All'età  due anni mi ammalai di leucemia una  forma di cancro del sangue. Spero che nel mio raccontarmi possa essere un aiuto  per i genitori che  trovino dei punti comuni che li aiuti comprendere determinati atteggiamenti e reazioni dei propri figli . Durante la mia malattia purtroppo non esistevano associazioni che potessero soddisfare le esigenze, i diritti del bambino ospedalizzato e quelli dei famigliari che lo assistevano.Non esistevano strutture ospedaliere a misura di bambino e volontari che potessero alleggerire rallegrare per qualche ora la giornata dei piccoli ammalati ospedalizzati. 
I genitori in quegli anni quindi dovevano lottare sia per far si che venissero rispettai i diritti del loro figlio e sia per poter superare il dolore legato alla consapevolezza che la malattia avesse invaso anche il loro bambino.Come scrisse Canevaro "Quando un bambino entra in ospedale è come se fosse portato nel bosco, lontano da casa.....".Per i bambini in generale e qui nello specifico per  quelli oncologici-ematologici, è quindi molto importante lasciare dei sassolini, delle tracce, dei segnali che aiutino chi entra in ospedale e magari per la prima volta ad assicurarsi una via  di uscita per ritrovare la strada che  conduca al proprio mondo domestico, purtroppo divenuto improvvisamente lontano, remoto.Io cercherò quindi di affrontare  con voi quale potrebbe essere  la strada migliore  (attività ludica, educativa  o psicologica) che possa aiutare il piccolo ammalato spesso ricoverato in ospedale; di questo ne parleremo più nei particolare  e più avanti.


  
RACCONTO AUTOBIOGRAFICO DI UNA ESPERIENZA DI MALATTIA....








Benché sia passato tanto tempo ( 1976) e benché fossi piccola  (due  anni ) essa è stata  un'esperienza che  ha segnato il mio vissuto  anche  se può sembrare  impossibile  che anche ora oggi possa ricordare gran parte di quei momenti interminabili.Il ricovero non è avvenuto nella città in cui risiedevo, le stanze dell'ospedale erano  enormi e fatiscenti, mia  mamma  allora ventiseienne mi era sempre vicina e combatteva  ogni giorno .Mio papà mi veniva a trovare appena poteva (a causa del lavoro) portandomi molti regali.Certamente in questa esperienza di malattia posso affermare che non sono mai stata sola e questo è ciò che ha contribuito   anche in parte al mio processo  di guarigione e di equilibrio psicofisico.Purtroppo, allora, non esistevano le associazioni di volontariato  ,che potessero operare da supporto come avviene ora. Il letto d' ospedale   in cui ero ricoverata si trovava in un grande stanzone insieme ad altri degenti anziani  malati , affetti da  altre patologie, con esigenze  diverse, ma anche  diverse  reazioni verso la malattia.Non esistevano spazi per giocare, non c'erano persone  al di la dei miei genitori o parenti che mi facessero giocare un po' quando ciò era  possibile.I miei genitori dovevano lottare  sia per far si che venissero rispettati i miei diritti di piccola malata , sia per superare il loro dolore  psicologico causato dalla mia  malattia. Le mie paure  erano rivolte maggiormente  alla terapie, alle punture più dolorose come ad esempio le sternali e le lombari. La presenza di mia madre fu indispensabile  a far si che  queste paure fossero pian piano superate e gestite  da un  atteggiamento più sicuro. Il suo essere vicina a me ha permesso che alcuni traumi  mi fossero evitati. Nonostante la vicinanza a dei famigliari le mie esigenze di bambina ospedalizzata esistevano comunque.Sentivo il bisogno di giocare  per potermi estraniare un po' dalla malattia e da tutto il contesto ospedaliero, l'esigenza  di stare  a contatto con altri coetanei, di ritornare  alla mia vita  di sempre, con la mai famiglia ed alla scuola materna  con gli altri bimbi.La presenza  dell'educatore  e di un volontario, adeguatamente  preparati, che  affiancasse i miei genitori è ciò che è mancato nella esperienza  che ho vissuto.Questo avrebbe certamente  tutelato ulteriormente  il mio processo di malattia sia dal punto di vista  fisico, ma soprattutto dal punto di vista  psicologico.La mia paura  più grande era  quella di affrontare le dolorosissime punture che inizialmente  si svolgevano spesso, la sternale   e la temutissima  lombare, non sono semplici prelievi del sangue . Con un ago di circa  1cm mi bucavano o lo sterno o la parte  lombare  senza anestesia...per fortuna ora le cose sono cambiate infatti si usa  dare un'anestesia.Tutto questo però fu reso meno tragico grazie alla presenza  costanza  di mia madre che allora  aveva  26 anni .


cit: me stessa



UN GENITORE  OSPEDALIZZATO: IL RACCONTO DI UNA MADRE CORAGGIOSA ...LA MIA!





Leucemia!!!Io non capivo  perché , intorno a me, mio marito, mio padre fossero in lacrime:intuivo che  doveva  essere una diagnosi infausta  , ma non sapevo fino a che punto.Chiesi così spiegazioni al medico.Mi rispose  in modo frettoloso ed un po' irritato perchè un problema privato, richiedeva  altrove la sua presenza.Così, nel giro di pochi minuti, mi scontrai con due  terribili realtà.La prima , la più dolorosa, era la malattia  di mia figlia: a 17 mesi soffriva  di un male incurabile; la seconda  ami fece entrare in un mondo, quello ospedaliero, che  conoscevo solo superficialmente e che mi avrebbe  riservato amare  sorprese. Descrivere  il dolore  che  si prova  quando ti dicono che tua  figlia ha solo poco tempo da vivere  non è facile, si rischia  di cadere  nello scontato, nel pietoso e comunque è impossibile  capirlo se non lo si sperimenta  di persona.E' un sentimento così violento, così forte che  si rischia  di perdere la testa in un momento in cui, chi ha bisogno di te , ti desidera invece rassicurante e serena.Dopo i primi giorni di disperazione cercai di reagire perché non accettavo quella diagnosi, non era possibile  che mia figlia morisse prima di me, non era  nella logica della vita.Decisi di combattere  cercando di informarmi sui centri più specializzati di questo ospedale.Era  disposta  a portarla ovunque: al Gaslini di Genova, in un famoso centro di Parigi, negli Stati Uniti d'America e, perché no, magari da uno sciamano : i viaggi della speranza  non hanno un nome e spesso un reale vantaggio, per essere affrontati.Una  cosa era  certa: l'ospedale  dove mi trovavo era carente sotto vari profili.Il medico che curava mia figlia era un giovane dottorino preoccupato più di far colpo sul primario  giocando a tennis  con lui, piuttosto che passare il suo tempo dedicandosi ai suoi piccoli pazienti o  ad aggiornamenti in campo medico.A livello umano la situazione non era migliore."Sua  figlia non arriverà mai a frequentare la scuola!".Questo era l'incoraggiamento che mi veniva dato.Oppure "lei è ancora giovane, coraggio , faccia  un altro bambino!".Come se si potesse sostituire un figlio come  si fa  con degli indumenti.Il trattamento riservato a Federica era  ancora più crudele.Avrebbero potuto somministrarle una pastiglietta anziché farle l'iniezione, ma la mancanza  di professionalità e l'insensibilità di fronte  ad un bambino che era  comunque  destinato a morire, faceva  si che , ogni volta  che entrava , un infermiere con la siringa in mano mia figlia svenisse.L'impotenza, la rabbia che  si prova in quei momenti è indescrivibile!Per fortuna dopo pochi mesi, trovammo un centro in un 'altra  città del Veneto, dove  qualche bambino incominciava ad avere dei periodi di remissione (non guarigione) più lunghi  che altrove.L'altra  cosa importante  che mi fece decidere per il cambiamento  fu l'umanità che  riscontrai tra  coloro che incontrai in quel vecchio edificio fatiscente, un lebbrosario del 600, che veniva  chiamato dagli abitanti di quella città "l'anticamera  della morte".Non esistevano la figura  dello psicologo ,  a quel tempo nel 1976, non era ritenuta  necessaria. Per fortuna quel giovane  gruppo di medici, guidati da un anziano primario napoletano, aveva intuito quanto invece fosse importante curare  anche l'aspetto mentale sia  dell'ammalato, sia  dei famigliari, specialmente  quando il paziente è un bambino.A mio avviso, è importante  che un genitore sia presente anche  nel momento  in cui al piccolo vengono effettuati accertamenti come  ad esempio l a sternale  e la lombare.Allora  era severamente vietato ai genitori entrare  nell'ambulatorio medico durante  quegli interventi.Io mi battei per poterlo fare dato che ero fermamente convinta  che per mia figlia sarebbe stato un supporto psicologico indispensabile.Lei sapeva  quanto l'amassi ed in cuor suo, anche  se piccolina, credo intuisse che non avrei mai permesso a nessuno di farle  del male in mia presenza.Le spiegavo che  quelle cose dolorose che era  costretta a subire senza anestesia le venivano fatte per il suo bene per aiutarla a crescere.Poi la stringevo  fra  le mie braccia e lei si calmava. Mi ero promessa di spiegare in poche  righe la mia esperienza  di mamma ospedalizzata , ma i ricordi e le emozioni hanno avuto il sopravvento. Ora  che è tutto superato sono felice  di vedere mia figlia dedicarsi ad altri bambini che vivono la sua  stessa sofferenza.



cit:mia mamma






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